«Stiamo perdendo l’atteggiamento dello stupore, della contemplazione, dell’ascolto della creazione; e così non riusciamo più a leggervi quello che Benedetto XVI chiama “il ritmo della storia di amore di Dio con l’uomo” […]. Perché pensiamo e viviamo in modo orizzontale, ci siamo allontanati da Dio, non leggiamo i suoi segni». Così Papa Francesco nell’Udienza generale del 5 giugno in Piazza San Pietro. «La persona umana è in pericolo», ha affermato il Pontefice, un pericolo grave la cui causa «non è superficiale, ma profonda»: «ciò che domina sono le dinamiche di un’economia e di una finanza carenti di etica. Quello che comanda oggi non è l’uomo, è il denaro. E Dio nostro Padre ha dato il compito di custodire la terra non ai soldi, ma a noi […]. Invece uomini e donne vengono sacrificati agli idoli del profitto e del consumo». In tale «“cultura dello scarto”», ha spiegato, «i drammi di tante persone finiscono per entrare nella normalità»: «Se una notte di inverno, qui vicino in via Ottaviano, per esempio, muore una persona, quella non è notizia. Se in tante parti del mondo ci sono bambini che non hanno da mangiare, quella non è notizia, sembra normale. Non può essere così! […] Uno che muore non è una notizia, ma se si abbassano di dieci punti le borse è una tragedia! Così le persone vengono scartate, come se fossero rifiuti». «Questa cultura dello scarto – ha soggiunto – ci ha resi insensibili anche agli sprechi e agli scarti alimentari, che sono ancora più deprecabili quando in ogni parte del mondo, purtroppo, molte persone e famiglie soffrono fame e malnutrizione […] Ricordiamo bene, però, che il cibo che si butta via è come se venisse rubato dalla mensa di chi è povero, di chi ha fame!». «Pochi giorni fa – ha ricordato – nella Festa del Corpus Domini, abbiamo letto il racconto del miracolo dei pani […]. E la conclusione del brano è importante: “Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi avanzati: dodici ceste”. Gesù chiede ai discepoli che nulla vada perduto: niente scarti! E c’è questo fatto delle dodici ceste: […] Dodici è il numero delle tribù d’Israele, rappresenta simbolicamente tutto il popolo. E questo ci dice che quando il cibo viene condiviso in modo equo […] nessuno è privo del necessario, ogni comunità può andare incontro ai bisogni dei più poveri».
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