Attendere: infinito del verbo amare

Attendere: infinito del verbo amare

Solo le madri sanno come si attende. E infatti il vangelo ci offre, mentre il Natale è qui, la guida di due donne in attesa. Maria si mise in viaggio in fretta.
Ecco il genio femminile: l’alleanza con un’altra donna, Elisabetta.
Maria va leggera, portata dal futuro che è in lei, e insieme pesante di vita nuova: una giovane donna che emana libertà e apertura.

Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.
L’anziana, anche lei catturata dal miracolo, benedice la giovane: benedetta tu fra le donne, che sono tutte benedette.
Dove Dio giunge, scende una benedizione, che è una forza di vita che dilaga dall’alto, che produce crescita d’umano e di futuro. Due donne sono i primi profeti del nuovo testamento.
Il canto del magnificat non nasce nella solitudine, ma nell’abbraccio di due donne, nello spazio degli affetti.
Le relazioni umane sono il sacramento di Dio quaggiù.
Mi riempie di gioia il fatto che in Maria, la prima dei credenti, la visita di Dio abbia l’effetto di una musica, di una lieta energia.
Mentre noi sentiamo la prossimità di Dio come un dito puntato, come un esame da superare, Maria sente Dio venire come un tuffo al cuore, come un passo di danza a due, una stanchezza finita per sempre, un vento che fa fremere la vela del futuro.
Il Vangelo, raccontando la visita di Maria ad Elisabetta, racconta anche che ogni nostro cammino verso l’altro, tutte le nostre visite, fatte o accolte, hanno il passo di Dio e il sapore di una benedizione.
Il Natale è la celebrazione della santità che c’è in ogni carne, la certezza che ogni corpo è una finestra di cielo, che l’uomo ha Dio nel sangue; che dentro il battito umile e testardo del suo cuore batte – come nelle madri in attesa- un altro cuore, e non si spegnerà più.