Il vangelo di oggi parla del discepolato e presenta le condizioni per essere discepolo o discepola di Gesù.
Gesù è in cammino verso Gerusalemme, dove morirà presto in Croce, ed è seguito da tanta gente che, per un malinteso senso del messia, lo segue pensando poi di andare a spartirsi il potere e il bottino.
Gesù in precedenza denunciando, al pranzo con il fariseo (nel vangelo di domenica scorsa), i legami di interesse che legavano questa cricca, questa setta, e i legami dettati dall’amicizia, dalla parentela, dagli interessi, ebbene, nel gruppo di Gesù tutto questo deve essere sciolto.
Talmente sciolto che l’adesione a Gesù deve andare al di là dei vincoli familiari.
Altra condizione: odiare il padre e la madre. Alcuni attenuano la forza della parola odiare e traducono: “e non mi ama più di quanto ami…”. Il testo originale usa l’espressione “odiare i genitori”.
In un altro posto Gesù ordina di amare e di rispettare i genitori (Lc 18,20). Come spiegare questa contraddizione? Ma è una contraddizione?
Al tempo di Gesù la situazione sociale e economica portava le famiglie a rinchiudersi in sé e impediva loro di compiere la legge del riscatto (goel), cioè di soccorrere i fratelli e le sorelle della comunità (clan) che erano minacciati di perdere la loro terra o di cadere nella schiavitù (cf. Dt 15,1-18; Lv 25,23-43).
Chiuse in sé stesse, le famiglie indebolivano la vita in comunità. Gesù vuole ricostruire la vita in comunità. Per questo chiede di superare la visione ristretta della piccola famiglia che si chiude in se stessa e chiede alle famiglie di aprirsi e di unirsi tra loro in una grande famiglia, in comunità.
Questo è il senso di odiare il padre e la madre, la moglie, i figli, le sorelle ed i fratelli. Gesù stesso, quando i genitori della sua piccola famiglia vogliono riportarlo a Nazaret, non risponde alla loro richiesta. Ignora o odia la loro richiesta ed allarga la famiglia dicendo: “Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre” (Mc 3,20-21.31-35). I vincoli familiari non possono impedire la formazione della Comunità.
Poi Gesù utilizza due parabole (del costruire una torre e del re che vuole andare in guerra), che hanno lo stesso obiettivo: fare in modo che le persone pensino bene prima di prendere una decisione.
Che ognuno rifletta bene sul suo modo di seguire Gesù.
Conclusione per il discepolato. La conclusione è una sola: essere cristiano, seguire Gesù, è una cosa seria. Per molta gente, oggi, essere cristiano non è una scelta personale, e nemmeno una decisione di vita, ma un semplice fenomeno culturale. Non viene loro in mente di fare una scelta.
Chi nasce brasiliano è brasiliano. Chi nasce giapponese è giapponese. Non deve scegliere. È nato e morirà così.
Molta gente è cristiana perché nacque così e così è morta, senza aver mai avuto l’idea di scegliere e di assumere gli inviti di Gesù.