Shevuot, (Pentecoste) la festa della mietitura. Pentecoste per i fedeli greci che ricordano la sua celebrazione cinquanta giorni dopo Pesah (Pasqua), era una festa agricola che, col passare dei secoli, era stata arricchita da un’altra interpretazione: in quel giorno si ricordava il dono della Legge sul monte Sinai.
Israele era fiero della Legge che Dio gli aveva consegnato; pur essendo il più piccolo fra i popoli, era stato scelto per testimoniare al mondo il vero volto del misericordioso. Proprio il quel giorno, e non casualmente, Luca situa la discesa dello Spirito Santo. Spirito che era già stato donato, dalla croce e il giorno di Pasqua.
Perché ripetere questa effusione? Perché quel giorno?
Forse Luca vuole dire ai discepoli che la nuova Legge è un movimento dello Spirito, una luce interiore che illumina il nostro volto e quello di Dio!
Gesù non aggiunge precetti ai tanti (troppi!) presenti nella Legge orale, ma li semplifica, li riduce, li porta all’essenziale.
Un solo precetto, quello dell’amore, è richiesto ai discepoli.
Ma cosa significa amare nelle situazioni concrete?
Luca descrive l’evento rimandando esplicitamente alla teofania di Dio sul monte Sinai: i tuoni, le nubi, il fuoco, il vento sono elementi che descrivono la solennità dell’evento e la presenza di Dio ma che possono anche essere riletti in chiave spirituale.
Lo Spirito è tuono e terremoto: ci scuote nel profondo, scardina le nostre presunte certezze, ci obbliga a superare i luoghi comuni sulla fede (e sul cristianesimo!).
Lo Spirito è nube: la nebbia ci costringe a fidarci di qualcuno che ci conduce per non perdere la strada della verità.
Lo Spirito è fuoco che riscalda i nostri cuori e illumina i nostri passi.
Lo Spirito è vento: siamo noi a dover orientare le vele per raccogliere la sua spinta e attraversare il mare della vita!
Lo Spirito diventa l’anti-babele: se l’arroganza degli uomini ha portato alla confusione delle lingue, a non capirsi più, la presenza dello Spirito ci fa udire un solo linguaggio, una sola voce.
Invochiamo lo Spirito quando non ci capiamo in famiglia, in parrocchia, sul lavoro.
Invochiamolo quando non riusciamo a spiegarci.
Fate fatica a iniettare Gesù nelle vene della vostra quotidianità, preferendo tenerlo in uno scaffale bello stirato da tirare fuori di domenica?
Invocate lo Spirito che ci ricorda ciò che Gesù ha fatto per noi.
Siete rosi dai sensi di colpa, la vita vi ha chiesto un prezzo alto da pagare? La parte oscura della vostra vita vi ossessiona?
Invocate l’avvocato difensore, il Paracleto, che si mette alla nostra destra e sostiene le nostre ragioni di fronte ad ogni accusa.
Così gli apostoli hanno dovuto essere abitati dallo Spirito, che li ha rivoltati come un calzino, per essere finalmente, definitivamente, annunciatori e, allora, solo allora, hanno iniziato a capire, a ricordare col cuore.
Se avete sentito il cuore scoppiare, ascoltando la Parola, state tranquilli: c’era lo Spirito che, finalmente, era riuscito a forzare la serratura del vostro cuore e della vostra incredulità!