Nel vangelo di oggi, la descrizione di Luca è volutamente ambigua: i concittadini del rabbì sono meravigliati, colmi di stupore. Ma non è lo stupore di chi riceve una notizia davvero inattesa, finalmente positiva, ma lo stupore negativo di chi non si capacita dell’arroganza del figlio del falegname, illetterato (che non aveva studiato nelle scuole rabbiniche di Gerusalemme) e modesto, che pretende di far iniziare la redenzione, la salvezza del popolo.
Cosa che avverrà, certo, ma non come se l’aspettavano.
E nemmeno come ce l’aspettiamo noi.
Gesù è troppo semplice, la sua storia conosciuta, le sue vicende famigliari note a tutti e fonte di qualche pettegolezzo. Più volte, nei vangeli, Gesù sarà accusato di essere poco religioso, poco rispondente alle nostre attese messianiche. Non è buffo il fatto che Dio non risponda alle nostre attese? Vedono un falegname, non il profeta. Vedono male. Perché non guardano col cuore.
È lo sguardo che di una donna, di un uomo, ha la donna, ha l’uomo. Quello che senti di poter amare per tutta la vita e oltre. È lo sguardo interiore che disegna la bellezza di un panorama, di una situazione, di un oggetto, non necessariamente i canoni estetici o le mode. È lo sguardo più autentico sulla storia, la nostra, quella grande, dei popoli, a interpretare gli eventi, a coglierne un senso o, almeno, un orizzonte. E lo sguardo, come abbiamo letto nella grandiosa riflessione di san Paolo ai Corinti, nella seconda lettura, che è determinato dall’amore. Uno sguardo benevolo, colmo di grazia, colmo di attesa, colmo di benevolenza. Quello sguardo che troppo spesso manca alle nostre quotidianità, immusonite e ingrigite dal dolore o, semplicemente, dalla noia di vivere.
La conclusione del brano del vangelo è straordinaria. Gesù, condotto sul ciglio del paese per essere lanciato nel vuoto, si gira, passa in mezzo ai suoi incarogniti concittadini, e tira diritto per la sua strada. Scrive Luca: si mise in cammino. Un cammino, nel suo vangelo, che durerà per venti capitoli, fino a Gerusalemme, fino al Golgota. Se vogliamo essere discepoli del Maestro, prepariamoci a qualche incomprensione, a qualche scontro, a qualche scelta dolorosa. Davanti all’incomprensione Gesù non si chiude in se stesso ma si mette in cammino.