Lasciamo che lo Spirito ci spinga nel deserto

Lasciamo che lo Spirito ci spinga nel deserto

Via le maschere, adesso.
Quelle di Carnevale, ma soprattutto quelle che indossiamo sempre.
Inizia la Quaresima, il tempo che ogni anno ci viene donato per tornare all’essenziale, per tornare a noi stessi, per fare in modo che l’anima ci raggiunga, per incontrare Dio.
Lo desideriamo, certo, ma sappiamo bene quanto sia difficile conservare la fede, fare del vangelo il metro di giudizio della nostra vita, restare in intimità con noi stessi.
Il problema non è mangiare il prosciutto di venerdì, o mettere da parte dei soldi per le missioni, né fare le facce da mortificati, ma vivificare la nostra fede.
Come Gesù è entrato nel deserto per decidere come affrontare la sua missione, così anche noi entriamo del deserto per mettere a fuoco le scelte che vogliamo fare.

È lo Spirito che spinge Gesù nel deserto per soddisfare il suo desiderio di verità, di preghiera, di silenzio. Lo abbiamo già incontrato, di notte, da solo, a pregare il Padre, il Maestro.
Ora lo ritroviamo per un lungo periodo a concentrarsi solo sul suo rapporto con Dio.
Avessimo il coraggio anche noi di imparare il silenzio! Di scoprire una preghiera fatta di ascolto! Di osare, sospinti dallo Spirito, qualche giorno all’anno da dedicare allo spirito! Avessimo anche noi il coraggio di ridire al nostro cristianesimo tiepido che lo Spirito ci spinge! Che ci obbliga all’interiorità!
Per quaranta giorni Gesù resta nel deserto, tentato da satana.
Non è una parentesi nella sua vita: i quaranta giorni, nel cammino dell’Esodo, indicando una generazione, cioè una vita.
Per tutta la vita Gesù ha voluto stare in contatto intimo con Dio, nel deserto del suo cuore.
Per tutta la vita Gesù ha combattuto contro colui che divide, contro l’avversario, il satana.
Il termine usato da Marco, uno dei tanti a sua disposizione, non indica, in questo caso, la personificazione del male, ma lo spirito maligno, l’avversario, il divisore. La parte oscura della realtà che ci mette a dura prova, continuamente.
Siamo liberi ed è impegnativo scegliere la parte luminosa della realtà, quella che proviene da Dio. Anche noi a volte abbiamo l’impressione di essere sempre in battaglia.
È consolante sapere che anche Gesù ha vissuto così. E ha vinto.
Fiere (bestie selvatiche) e angeli lo servono. Che significa?
Forse Marco sostiene che Gesù sta creando una nuova realtà.

L’uomo che vive in armonia con il creato, con le bestie feroci, richiama lo stato iniziale di Adamo. Come a dire: Gesù è il nuovo Adamo.
Forse Marco si riferisce alle fiere della profezia di Daniele: lì indicavano le grandi potenze straniere dell’epoca, qui indica i poteri contro cui Gesù deve fare i conti (Roma, il sinedrio, i farisei…).
Gli angeli, in questo caso, indicano le tante presenze che Gesù, e noi, incontriamo nel nostro percorso di fede e che ci riportano verso Dio.
Un amico, un prete, un evento, un libro possono diventare angeli che ci aiutano a superare le tentazioni.

Marco è l’unico che lega la fine del deserto con l’inizio della predicazione in Galilea. Non entriamo nel deserto per restarci, non costruiamo un mondo a parte, ma il superamento della tentazione e il ritorno all’armonia iniziale, conseguiti grazie all’aiuto dei tanti inviati con cui Dio accompagna il nostro cammino ci spingono a diventare testimoni.
Credibili.

Buona Quaresima, cercatori di Dio, lasciamo che lo Spirito ci spinga nel deserto.