Il primo miracolo compiuto da Gesù è un segno di guarigione profonda e totale che è emblematico di quello che è il suo ministero verso l’uomo.
La liberazione di un uomo nella sinagoga è il segno esterno di quel profondo cammino di guarigione e di liberazione di cui tutti abbiamo bisogno, e che tutti possiamo sperimentare se accettiamo di entrare in contatto con il Signore lasciandoci raggiungere al cuore delle nostre possessioni e negli abissi delle nostre schiavitù per esserne liberati.
Nel vangelo di oggi, quando Gesù parla lo fa in modo del tutto diverso dagli altri e in particolare “dagli scribi”: lo fa con “autorità”.
“Autorità” è una parola di derivazione latina.
L’ origine del termine auctoritas risiede nel verbo “augeo”, lo stesso verbo che sta alla radice di altre parole piuttosto importanti come “aiuto”, “ausilio”, “aumento”, e persino “autore”. Significa principalmente accrescere, alzare, aumentare, ingrandire, rafforzare, potenziare, e da qui anche onorare, esaltare, ingigantire, fecondare o arricchire. “Augeo” è a sua volta derivato dall’ accrescitivo di una radice sanscrita che vuol dire “forza”.
“I padri hanno ‘auctoritas’ soltanto se, come indica il termine stesso, creano le condizioni perché aumentino le opportunità, sia materiali sia spirituali, per la generazione successiva”. M. Cacciari
Nel brano odierno, il demonio e il popolo riconoscono nel tono della voce del Signore un’autorità inedita, capace di riaccendere la speranza perché capace di andare diritta al cuore del nostro malessere fino a liberarci dalle nostre infinite “preoccupazioni”, che dividono fino a deviare il nostro cuore.
La forza terapeutica della parola del Signore Gesù sta proprio nella sua capacità di rimettere le cose a nuovo.
Ma nulla può essere rinnovato e rifondato nella nostra vita, se non accettiamo che sia messo a nudo ciò che in noi è fonte di vane “preoccupazioni”.