Non è san Pietro la Cattedrale di Roma, come molti pensano, ma san Giovanni in Laterano. San Giovanni in Laterano è stata la prima chiesa cattedrale di Roma dove i successori degli apostoli, i vescovi, hanno continuato a svolgere il loro ministero. In San Giovanni in Laterano si sono celebrati concili di grande importanza storica e dottrinale. La chiesa del Laterano, infatti, è la prima, per data e per dignità, di tutte le chiese d’Occidente. Essa è ritenuta madre di tutte le chiese dell’Urbe e dell’Orbe. Consacrata da papa Silvestro il 9 novembre 324, essa fu la prima chiesa in assoluto ad essere pubblicamente consacrata. E oggi la Chiesa celebra la dedicazione della Basilica che è riconosciuta come “madre” di tutte le basiliche del mondo, la prima fra le Cattedrali. Ricordare la data della dedicazione, cioè della consacrazione della Basilica ricorda a tutte le Chiese il primato della Chiesa di Roma. Roma è prima fra i pari perché ha avuto l’onore di avere come primo responsabile Pietro. Ma, come ricorda san Gregorio Magno, uno dei grandi papi della storia, è prima nel servizio ai poveri e nel custodire la verità. C’è quindi un motivo spirituale per estendere la celebrazione di questa festa a tutta la Chiesa, ossia quello di esprimere un senso di “appartenenza”, di “unità”, all’interno della Chiesa, intorno, oltre che all’Eucaristia e alla Parola di Dio, alla figura del Papa.
Allora, cos’è la Chiesa?
E come la professo, ogni domenica, dopo l’omelia?
Io credo la Chiesa per ciò che il suo nome dice, ovvero un’assemblea, una riunione, un popolo che si raduna nel nome del suo Signore, fa memoria di Lui e annuncia la vita del mondo che verrà e che si costruisce qui ed ora, sulla terra.
Credo che la Chiesa sia una famiglia, chiamata ad esprimere e a dare sempre più spazio a tutta la sua femminilità: di madre, perché genera ogni cristiano nella fede; di figlia, perché anche lei è in ogni epoca figlia del suo tempo; di sorella, perché chiama “fratello” ogni uomo; di sposa, perché ama ed è amata da Colui che l’ha voluta da sempre e per sempre con sé.
Credo la Chiesa luce del mondo; non una luce della ribalta che la illumina impedendole di vedere le folle, ma una lucerna accesa e collocata dove non dia fastidio a nessuno, permettendo di orientarsi a chi sta brancolando nel buio.
Credo la Chiesa sale della terra e lievito nella massa, come qualcosa di insignificante agli occhi ma di indispensabile nel dar sapore e spessore alle cose, nella logica del nascondimento e del servizio.
Credo la Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica.
Una perché indivisa nonostante i rammendi della storia, perché ricca nella sua diversità, perché molteplice nelle sue espressioni e nei suoi ministeri eppure unica nella sua essenza di discepola del Maestro, immagine della Trinità.
Santa e peccatrice al tempo stesso: non ha meriti da avanzare, ha solo misericordia da invocare. Santa, come è luogo santo il Tabernacolo che custodisce Colui che, unico, può dirsi santo e farci santi.
Cattolica perché universale, aperta ad ogni uomo, cittadina del mondo, figlia del suo tempo, con i piedi impolverati, ospedale da campo dove si curano le ferite, immagine concreta ed onesta della globalizzazione, in costante dialogo – senza giudizi né pregiudizi – con l’uomo contemporaneo, le sue ricchezze, i suoi dolori, le sue gioie, i suoi drammi, le sue speranze.
Apostolica, nel vero significato del termine, ovvero “inviata” e mai arrivata, in cammino, sempre in viaggio, sempre in uscita, pronta ad accamparsi di tenda in tenda fuori da ogni palazzo, sempre alla ricerca, e mai depositaria, della Verità, sempre in movimento dietro al Maestro: in una sola parola, missionaria.
Lasciamoci aiutare, allora, dalle parole di un grande teologo, Henry De Lubac. Così scriveva, nella sua magnifica opera del 1952 (dieci anni prima del Concilio!), “Meditazioni sulla Chiesa”:
“Posso riassumere cosa sia la Chiesa in una parola, la più semplice, la più infantile, la prima fra tutte le parole: la Chiesa è mia madre. Sì, la Chiesa, tutta la Chiesa, quella delle generazioni passate, che mi hanno trasmesso la vita, i suoi insegnamenti, i suoi esempi, le sue abitudini, il suo amore, e quella di oggi. Tutta la Chiesa. Non solamente la Chiesa ufficiale, o come diciamo, la Chiesa gerarchica, quella che detiene le chiavi che le ha affidato il Signore, ma in senso più largo e più semplice, la Chiesa vivente: quella che lavora e prega, che agisce e contempla, che ricorda e cerca; la Chiesa che crede, spera, ama”.