“Si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo” – Luca 15,1
Questa famosa parabola del figlio prodigo nel peccare e del padre prodìgio nel perdonare non è tanto la storia di una crisi ma di una conversione. Un uomo spia la strada deserta, è un padre che spera contro ogni speranza, che attende il figlio vagabondo e smarrito. È lui il personaggio centrale della parabola che è la storia di un amore prodigo di misericordia. Appena si profila all’orizzonte la figura del figlio triste e solitario egli corre incontro ad abbracciarlo. Come dicono le sue parole, è una morte che diviene vita, uno smarrimento per vie inutili che si trasforma in ritrovamento gioioso, è una celebrazione autentica e piena della riconciliazione e dell’amore. In contrapposizione si erge il figlio maggiore che guarda con disprezzo il fratello peccatore dall’alto della sua orgogliosa giustizia. Egli è convinto di essere creditore nei confronti di Dio; nessun riconoscimento di colpevolezza è necessario alla sua affermata onestà. Ed invece anche chi è restato nella casa del Padre ha bisogno di ricordarsi del monito di Paolo “Tutti sono stati costituiti peccatori” [Rm 5,19]. “Tutti abbiamo peccato e siamo privi della gloria di Dio” [Rm 3,23]. Tutti, inoltre, dobbiamo condividere la gioia e il perdono di Dio che abbraccia il figlio peccatore. Non ci capiti di cedere alla stoltezza che è frutto del nostro amor proprio. Non ci capiti di rimanere sulla porta dell’amore senza entrare e continuamente rientrare nella logica festosa della misericordia del Padre, escludendoci così dalla più grande delle feste.