La netta definizione del libro del Siracide nella 1ª lettura viene confermata e rincarata, per così dire, dalla parola di Gesù nel vangelo: “Il Signore dagli umili è glorificato”. Eppure persino l’umiltà va soppesata e verificata, come pure continuamente liberata dall’ipocrisia che è capace di annidarsi nelle cose più sante. Se è vero che non dobbiamo temere che ci venga detto: “Cedigli il posto”, rimane pur vero che non possiamo aspettarci che ci venga detto: “Vieni più avanti”.
Il Signore non vuole punirci degradandoci continuamente da quelli che sono i riconoscimenti di cui abbiamo bisogno, ma ci accompagna dolcemente e fermamente a occupare quel posto che è nostro da sempre e per sempre, preparatoci fin dalla fondazione del mondo e che, normalmente, non è né il primo né tantomeno l’ultimo… è il nostro. Ciò che fa la differenza è la coscienza di dover onorare colui che “ha inviato te e lui”, per partecipare alla gioia della “Gerusalemme celeste nell’adunanza festosa” e serena di quanti sono sicuri di avere un posto nel cuore di Dio. L’umiltà è un’arte difficile e gli umili – come tutti i veri artisti – oltre a essere rari sono sconosciuti a se stessi. L’umiltà è un’arte molto imitata, ma raramente autentica e riuscita, perché essa nasce da un cuore riconciliato con l’humus della propria umanità.