Isaia aveva profetizzato un cielo chiuso, inaccessibile agli uomini. Ora è per sempre spalancato.
Scende una colomba: non il fuoco che brucia Sodoma e Gomorra, non l’acqua del diluvio che annega i peccatori. Ma la mite colomba perché con la dolcezza Cristo convertirà i nostri cuori.
È il figlio, colui che viene, perché assomiglia al Padre.
È il prediletto, termine usato per indicare il sacrificio di Isacco, già si staglia all’orizzonte la croce, determinazione del folle amore di Dio.
Senza condizioni, senza ricatti, senza attese.
Dio ama, perciò si spoglia di sé, perciò avanza nel fango.
Tu vieni da me?, si chiede stupito Giovanni il profeta.
Primo gesto di una lunga serie che in tre anni porterà il Rabbì a pendere dalla croce, Gesù svela il volto di un Dio che esce a cercare la pecora persa, che attende il ritorno del figlio spendaccione; che si ferma nella casa di Zaccheo, che banchetta con i peccatori, che non giudica la peccatrice pubblica, che porge l’altra guancia, che non spegne il lucignolo fumigante, né spezza la canna incrinata, che fa festa per ogni peccatore che si converte, che muore – infine – pronunciando parole di perdono.
Ecco Dio, amici. Ecco il nostro Dio.