Neppure il suo corpo ha tenuto per sé: prendete, mangiate, neppure il suo sangue ha tenuto per sé: prendete, bevete. Neppure il suo futuro: sarò con voi tutti i giorni fino al consumarsi del tempo.
La festa del Corpo e Sangue del Signore è raccontata dal vangelo attraverso il segno del pane che non finisce.
La gente di Betsaida li vede, accorre, li stringe in un assedio che Gesù non può e non vuole spezzare.
Allora è lui a riprendere la missione dei Dodici: cominciò a parlare loro di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
C’è tutto l’uomo in queste parole, il suo nome è: creatura che ha bisogno, di pane e di assoluto, di cure e di Dio.
C’è tutta la missione di Cristo, e della Chiesa: insegnare, nutrire, guarire. E c’è il nome di Dio: Colui che si prende cura. «Mandali via, tra poco è buio e qui non c’è niente»…
Gli apostoli hanno a cuore la situazione, si preoccupano della gente e di Gesù, ma non hanno soluzioni da offrire: che ognuno si risolva i suoi problemi da solo. Hanno un vecchio mondo in cuore, in quel loro cuore che pure è buono, ed è il mondo dell’ognuno per sé, della solitudine. Ma Gesù non li ascolta, lui non ha mai mandato via nessuno.
Vuole generare, come si genera un figlio, un nuovo mondo. Gli apostoli non possono, non sono in grado, hanno soltanto cinque pani e due pesciolini. Ma a Gesù non interessa la quantità, e passa subito a un’altra logica, sposta l’attenzione da che cosa mangiare a come mangiare: fateli sedere a gruppi, a tavolate, create mense comuni, comunità dove ognuno possa ascoltare la fame dell’altro e faccia circolare il pane che avrà fra le mani.
Infatti non sarà lui a distribuire, ma i discepoli, anzi l’intera comunità. Allora il pane diventa una benedizione (alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, e lo spezzò) e non una guerra.
E tutti furono saziati. C’è tanto pane nel mondo che a condividerlo davvero basterebbe per tutti.