Parabola dei vignaioli omicidi

Parabola dei vignaioli omicidi

È una parabola cupa, dolente, sanguinante, quella di oggi.
Quasi insostenibile.
Il cuore del racconto, però, è centrato sul figlio, non sulla punizione dei vignaioli omicidi: Gesù sta dicendo al suo uditorio che se i servi sono la prefigurazione, il figlio è il compimento.
E che è lui il figlio inviato da Dio a riscuotere quanto dovuto.
Il finale non è un abbandono, ma un nuovo inizio.
Quella morte che tutto sembra distruggere non è che il trampolino per una nuova vita, per un inatteso riscatto.

È Gesù che chiede all’uditorio, ignaro, cosa mai avrebbe dovuto fare il proprietario della vigna dopo l’omicidio del figlio.
Chiede alla folla di esprimere un giudizio.
La scena è raggelante, perché l’uditorio non ha ancora capito che si sta parlando di loro. Stanno decretando la loro atroce punizione.
Mi immagino la scena. Me la vedo.

La gente lo ha seguito, prima attratta dalla sua mitezza, poi dal suo innovativo modo di parlare di Dio; i miracoli, compiuti con parsimonia, senza mai violare la libertà di chi vi assiste, hanno accresciuto la sua fama.
Solo la moltiplicazione dei pani e dei pesci arresta la sua impressionante crescita di popolarità: Gesù rifiuta di farsi incoronare re, si accorge che la gente, ormai, lo cerca per la fame saziata, non per Dio.

Deluso e amareggiato, il Signore si ritira in una sfera più intima, parla solo più al ristretto gruppo dei discepoli.
Ma anche dai suoi apostoli riceve una cocente delusione: non hanno capito il suo progetto, litigano sul loro ruolo nel futuro governo di Israele.

Cosa fare, ora?
Gesù parla, gli occhi bassi, seduto, quasi pensando tra sé e sé.
Racconta di una vigna, una bella vigna, data in gestione a dei vignaioli assassini.
È la tragica storia di Dio e dell’umanità, di una incomprensione che fatica a risolversi, di un dolore, il dolore di Dio, che spiazza e interroga.
Gesù parla come a se stesso, indeciso sul da farsi, la voce rotta dall’emozione: che fare?
All’umano un Dio così proprio non importa, non lo vuole: preferisce un Dio scostante e impettito, forse, onnipotente e freddo da placare o convincere. Da manipolare.
Che fare?

Si accalora, l’uditorio. Sbraita, ora.
Morte! Vendetta! Sangue! I vignaioli vanno uccisi!
Già. Che idioti. Non sanno che Gesù sta parlando proprio di loro.
È vero: non ha senso che il padrone subisca l’uccisione del proprio figlio.
Sospira, ora, il Signore, e li guarda, lungamente.
No, non farà così.
Non ci sarà nessuna vendetta, né sangue, né morte. Se non la sua.
Forse gli affittuari, vedendo la misura dell’amore del padrone, vedendo la sua ostinata volontà di salvezza, capiranno e cambieranno.