Fabbricare peccatori

Fabbricare peccatori

Nel mio ministero voglio fabbricare peccatori.
Così pare si sia presentato il giovane padre David Maria Turoldo ad un immagino perplesso e timido Cardinal Montini (futuro Paolo VI) neo-eletto vescovo di Milano alla fine degli anni Cinquanta.
Eppure in quella intuizione, che allora pareva inopportuna e stramba, c’era già il futuro. Fabbricare peccatori.
Aiutare le persone, cioè, ad avere un corretto approccio al peccato e al perdono. Convertire i cattolici alla vera logica del Vangelo e gli atei alla novità straordinaria del messaggio di Gesù.
Per far superare, agli uni e agli altri, visioni superficiali, piccine, moralistiche, inutilmente cariche di sensi di colpa.
Chissà cosa direbbe l’energico padre servita della situazione attuale?
Perché il tema del perdono non è più argomento per chierichetti e baciapile. Ma ci tocca in prima persona quando assistiamo alla strage fanatica di inermi turisti, quando leggiamo di branchi, di uomini come lupi, che stuprano donne, quando assistiamo, attoniti, alle bravate di giovani stravolti dall’alcol e dalle droghe.

Cosa significa, in questi casi, perdonare?
Non è un cedimento? E se l’altro approfitta del perdono? E se insiste?
Fino a quante volte dobbiamo perdonare? Fino a settanta volte?               

Al tempo di Gesù i rabbini suggerivano di perdonare fino a tre volte un torto subito, per manifestare clemenza. Pietro, nel vangelo di oggi, vuole esagerare, proponendo di perdonare fino a sette volte. Tenero…
Sette volte. Come se il vostro amico che avete appena perdonato per avere sparlato male di voi, tornasse dopo dieci minuti e vi dicesse di avere nuovamente sparlato di voi. Lo perdonate?
E Gesù rilancia: settanta volte sette, cioè sempre.
Perché?

Ecco la ragione del perdono cristiano: perdono chi mi ha offeso perché io per primo sono un perdonato.
Non perdono perché l’altro migliori, o si converta, o si intenerisca.
A volte l’altro non sa nemmeno di essere stato perdonato e può disprezzare il mio gesto.
Non perdono perché l’altro cambi, ma perché io ho urgente bisogno di cambiare!
Il perdono mi situa in una posizione nuova, diversa, mi rende simile a quel Dio che fa piovere sopra i giusti e gli ingiusti.

Consigli

Non perdoniamo perché siamo migliori e il perdono non è un’amnesia.
Dire perdono ma non dimentico fa sorridere. Perdono perché scelgo di perdonare, perché voglio perdonare.
Vederti mi riapre le ferite, sto male, ma ho scelto la strada della libertà.
Per molte persone che hanno avuto la vita rovinata dalla superficialità e dalla cattiveria altrui è già un grosso risultato non augurare la morte, ma la conversione di chi mi ha ferito.
Ti perdono e prego che tu ti penta del male che mi hai fatto.

Non aspettiamo mai il perdono perfetto, quello angelico, straordinario.
Perdoniamo come riusciamo, al meglio delle nostre capacità.
Perdoniamo perché siamo perdonati, perché il perdono ci rende liberi.

E se l’altro considera il perdono come debolezza? È un rischio da correre, è un rischio che Gesù ha corso, perdonando i suoi assassini dalla croce.
E, pure, io credo, noi crediamo, che quel paradosso smuove i cuori.
Non tutti, forse, ma li smuove.

Quanto è adulto e virile il perdono! Quanto è forte e deciso! Quanto è eroico e umano!