Pietà di me

Pietà di me

Capita spesso di sentire o di dire espressioni simili, a volte sono semplicemente suoni di voce riempitivi di giornate faticose logorate dalla stanchezza, a volte tendono malamente a impietosire senza gran risultato specialmente quando ci troviamo davanti a episodi di accattonaggio. Non sempre chiedere pietà corrisponde alla realtà delle cose e per capire e farsi capire ci vuole insistenza e tempo, ma anche intessere una relazione che vada oltre le parole; occorre liberare il cuore e penetrare il fondo dell’anima: «Dal profondo a te grido, o Signore» (Sal 130,1).

Esaudiscila

La donna Cananéa gridava la sua sofferenza ma quel grido sembrava non essere ascoltato: egli non le rivolse neppure una parola. Gesù ha anche una spiegazione «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele»… c’è qualche cosa d’altro, una provocazione non immediatamente comprensibile. La reazione dei discepoli è molto simile alla nostra: accontentiamola così ce la togliamo di torno.

Capita troppo spesso, in fondo una elemosina costa così poco, ci togliamo un impiccio e siamo anche convinti di aver fatto un’opera buona, qualcosa di meritorio!

Rispondere, invece, ad una richiesta di aiuto chiede un impegno in prima persona, capire il senso delle parole, quale realtà stanno celando, non solo capire il profondo dell’altro, ma anche il mio cuore, la mia verità. Perché prima di decidere di offrire un aiuto devo capire chi veramente sono io e la verità delle scelte che sto compiendo.

Fa sorridere il balletto dei politici di turno che affermano “aiutiamoli a casa loro!”, ma qual è la verità quella vera, se continuiamo a vendere loro armi, a foraggiare regimi corrotti. L’altro giorno al Porto hanno sequestrato una partita di rifiuti radioattivi che stavano partendo per l’Africa, abbiamo imparato troppo bene a sottrarre ogni ben di Dio dall’Africa e di contro a rifilare ogni porcheria, eppure abbiamo ancora la sfacciataggine di dire “aiutiamoli a casa loro!”, non è molto diverso dal perché ci viene dietro gridando!

Il pane dei figli

L’atteggiamento muto di Gesù sta chiedendo alla donna di verificare la sua richiesta di aiuto e ai discepoli di verificare il senso delle loro relazioni. È davvero umano liberarci dal disturbo degli altri? Sgomberare le strade delle città da ciò che non desideriamo né vedere, né sapere, delegare l’aiuto agli uffici addetti, alle associazioni di volontariato, alla parrocchia: un sacchetto della spesa, qualche vestito vecchio, poi qualcuno provvederà. Viviamo una realtà piena di egoismi, facciamo fatica a misurarci con il dolore del mondo e di passare dalle parole ai fatti.

La provocazione di Gesù è fortemente tracotante: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». È la nostra affermazione, l’affermazione di chi ha raggiunto un certo benessere e ha paura che gli sfugga di mano; non è questione solo economica, anche culturale, religiosa, forse siamo gelosi anche del paesaggio, la bellezza di cui ci siamo circondati…

Le briciole

Il povero, invece sta attento alle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni; il povero è quello che rovista nei cassonetti alla ricerca di ciò che gettiamo via, che si accontenta degli abiti usati, o di un centro di accoglienza che nei fatti nega il suo nome.

La donna si affida di ciò che avanza perché non ha altra possibilità ma gli è sufficiente e si fida di Gesù. Gesù affonda il suo sguardo nel profondo dell’anima della donna: grande è la tua fede!