Perle e tesori

Perle e tesori

Sono due parabole ribattute, molto simili nel contenuto e nella struttura, una ripetizione usata per ribadire un concetto piuttosto evidente: incontrare Dio è la cosa più bella che ti possa succedere, è una sorpresa per cui vale la pena di abbandonare tutto, una gioia che ti fa dimenticare tutto il resto. Ma devi agire con scaltrezza e urgenza se vuoi che ciò accada.

I verbi trovare, andare, vendere, comperare usati nel breve aforisma, si riferiscono al contadino e al mercante ma è evidente che il protagonista della parabola è un altro: il tesoro nascosto nel campo, la perla preziosa a lungo cercata.

Mi piace pensare che Matteo indichi al discepolo due tempi e due modalità di sequela.

Il bracciante, tale è perché non possiede la terra che coltiva, trova il tesoro per caso, inaspettatamente.

Il mercante (emporos indica un ricco mercante con negozi e filiali!), invece, trova la perla dopo una lunga ricerca. Sono le due dimensioni presenti in ogni esperienza di fede, in ogni percorso che conduce a Dio: lo stupore di chi scopre qualcosa di inatteso e bellissimo e, insieme, la fatica di cercarlo e di custodirlo.

Il centro della parabola è in una piccola e splendida frase: apò tes charas, spinto dalla gioia.

Il bracciante è spinto dalla gioia. La gioia inattesa ed improvvisa di avere scoperto qualcosa di inimmaginabile lo spinge a fare delle scelte drastiche, irrevocabili. Lo stesso fa il mercante.

Troppe volte, anche nel recente passato, il cristianesimo è stato accostato alla sofferenza, al dolore, al senso del dovere.
Siamo tutti pronti a fare l’elenco delle tante belle cose cui abbiamo rinunciato per essere dei bravi cristiani.
Siamo morigerati, mortificati, fedeli ad un solo partner, onesti (almeno più degli altri), disponibili…
Che Dio, cortesemente, ne tenga conto.
Molti, nel mondo, pensano che la fede sia qualcosa di giusto, di doveroso, di importante. Ma di mortalmente noioso.
E se ne tengono a debita distanza, giustamente.
In questa parabola, invece, tutto viene ribaltato.
È la gioia che spinge, è la gioia che converte e convince, è la gioia che fa cambiare.

Per questa ragione dobbiamo recuperare e praticare la gioia cristiana che non si riduce ad una forte emozione ma che è il frutto di una lunga conversione.

La gioia cristiana è una tristezza superata.