In aramaico suonava molto meglio: in chi riponi la tua fiducia (emunà )?, in Dio o in ma’amum?
Noi cattolici tendiamo a vedere nella ricchezza un ostacolo insormontabile alla nostra fede, a demonizzare il denaro. Il denaro, in sé, è neutro, come ogni altra realtà umana. Gesù non è classista, né dice che la ricchezza sia un male, anzi. Ci dice che è pericolosa perché inganna, perché promette ciò che non può in alcun modo mantenere. Si accumulano tesori in cielo condividendo quelli in terra (non solo denari ma anche capacità, tempo, qualità…).
Per la Bibbia la ricchezza (onesta) è sempre dono di Dio ma la povertà è sempre colpa del ricco: la ricchezza è donata per essere condivisa.
Dov’è il tuo cuore? Gesù ci ammonisce: ogni realtà è penultima. Anche gli affetti, anche i figli. Figuriamoci le cose!
La sapienza biblica già aveva concluso nel libro dei Proverbi (30,7-9): meglio non avere né ricchezza, né povertà. Nella sazietà rischiamo di rinnegare Dio, nella povertà di maledirlo…
Gesù insiste, mettendo a fuoco una delle caratteristiche del nostro tempo: l’ansia, l’affanno, termine che ricorre sei volte in pochi versetti. Un invito rivolto al discepolo a fidarsi di Dio senza lasciare che l’ansia ci divori il cuore e le emozioni.
Siamo travolti dalle preoccupazioni, corriamo come dei matti, sempre insoddisfatti, spesso arrabbiati e polemici.
Il tema della fiducia è un tema essenziale e impegnativo, che sta in equilibrio fra affido e impegno, senza giustificare la pigrizia o assecondare l’ansia.
Ansia che, dicono gli esperti, è una forma di stress della famiglia della paura, manifesta la nostra incapacità di tenere le cose sotto controllo con l’illusione di potere dominare la realtà che, ovviamente, è decisamente più ampia di ciò che possiamo controllare.
Il Signore Gesù ci invita a fare un percorso che parta dall’intelligenza per giungere al cuore e, dal cuore giunga alla fede.
Keep calm!
Dall’intelligenza al cuore. Davanti a tanta armonia il cuore si converte, si commuove: esiste un Dio che conta i capelli del mio capo e che si occupa di due passeri che, pure si vendono per un soldo (Lc 12,6). Certo, ci sono molte cose che non capiamo (la violenza, il peccato che abita in noi) ma le contraddizioni sono inserite in un contesto di luce.
La fede nasce dal credere che questo Dio che veste i gigli del campo veste anche me! Non facendomi trovare i vestiti all’uscio, ma facendo della mia vita un percorso che mette il Regno e la giustizia al centro, e il resto arriva in sovrappiù.
La nostra vita è l’opportunità che ci è data per capire e per amare, per lasciarci amare attraverso percorsi che non vorremmo e che, spesso, pretendiamo di tenere in mano e, in fondo di controllare.
È naturale preoccuparsi (occuparsi prima, non ha senso!), è naturale avere paura e difendersi, è cristiano, invece, scegliere di lasciare che sia Dio a primeggiare.
Cerchiamo anzitutto il Regno, le cose di Dio, il resto verrà. Come?
Con i soliti strumenti della vita interiore: la preghiera, la vita di comunità, i sacramenti, la meditazione della Parola ma, soprattutto, lasciare che questa abitudine contagi la vita e i giudizi. E vivere nella giustizia nelle relazioni, nella correttezza (interiore, profonda, autentica) con le persone, con le situazioni, tenendo fede… alla fede.