Davanti ai fatti drammatici di questo periodo, viene davvero da chiedersi quale idea mostruosa di Dio (e di sé) portino nel cuore i fondamentalisti di ogni specie.
E ribadisco, ancora una volta: il modo migliore che abbiamo per contrastare questa follia è quella di diventare noi per primi credenti, convertire il nostro cuore al vero volto di Dio perché altri si convertano.
Il modo di contrastare questa paura, questo delirio, non è alzare muri (poi, certo, la sicurezza faccia la sua strada), ma alzare il nostro livello di fede. Pregare, andare a Messa, credere, amare.
E, quasi ad illuminare questi eventi tragici, la Parola di oggi ci aiuta a riflettere sul tema della vera fede, della vera preghiera, del vero Dio.
Per imparare a pregare, come chiedono di fare di discepoli, affascinati dalla preghiera del loro Maestro e Signore.
La preghiera, purtroppo, gode fra noi cattolici di pessima fama.
La preghiera concepita come uno sfinimento per convincere Dio. Uno sfinimento che porta allo sfinimento, nostro e di Dio. Il termine stesso, preghiera, è diventato sinonimo di recita, di cantilena, di insistenza atta a convincere qualcuno delle nostre buone. Ti prego, fammi un favore!
Prima di parlare di preghiera, dobbiamo compiere lo sforzo immane di cancellare tutte queste false idee e di metterci in ascolto.
Come Maria di Betania la preghiera è, prima di ogni altra cosa, sedersi ad ascoltare.
Ascoltare qualcuno che si ama, che stima, che si ammira.
Quel Gesù che pregava come mai nessuno aveva pregato, che stupiva e affascinava gli apostoli quando, nel cuore della notte, si alzava per parlare in cuor suo al Padre. Uno stile nuovo, diverso dalla preghiera collettiva, al tempio, in sinagoga. Una preghiera intima che gli apostoli intuiscono essere all’origine della serenità e della forza del Signore, del Maestro.
Perciò chiedono al Maestro di insegnar loro a pregare.
E Gesù lo fa, consegnando loro la preghiera per eccellenza, il Padre Nostro che, nella versione di Luca, è ancora più essenziale. E che già ci dice cosa è preghiera: dialogo con Padre, per chiedere, sì, ma anche per agire, per cambiare atteggiamento.
La preghiera è fiducia.
Vi confido una cosa che ho scoperto nella mia povera vita: ho chiesto e non mi è stato dato. Allora, in quei momenti, mi sono scoraggiato. Oggi, a distanza di anni, so che ho ottenuto tutto ciò di cui avevo bisogno e che, spesso, non era ciò che chiedevo.
La preghiera è amicizia e costanza.
Come quel tale che va a chiedere dei pani nel cuore della notte.
Quando preghiamo ci rivolgiamo ad un amico.
La preghiera è un colloquio intimo, uno scambio di opinioni, una reciproca intesa.
La preghiera è fatta anzitutto di ascolto, l’ascolto di Dio, e di intercessione, intercessione per il mondo, non per i miei bisogni.
Perché non imparare a pregare?
La preghiera ha bisogno di te, anzitutto: come sei, devoto o ateo, santo o peccatore. Ma un “tu” vero, non finto, non di facciata.
La preghiera ha bisogno di un tempo: cinque minuti, per iniziare, il tempo in cui non sei proprio rimbambito o distratto, spegnendo il cellulare e isolandoti.
La preghiera ha bisogno di un luogo: la tua camera, la metro, la pausa pranzo.
La preghiera ha bisogno di una parola da ascoltare: meglio se il Vangelo del giorno, da leggere con calma e assaporare.
La preghiera ha bisogno di una parola da dire: le persone che incontri, le cose che ti angustiano, un “grazie” detto a Dio.
La preghiera ha bisogno di una parola da vivere: cosa cambia ora che riprendi la tua attività quotidiana?