Penso che chiunque abbia un contatto frequente con le Sacre Scritture convenga con l’autore della Lettera agli Ebrei che la Parola di Dio agisce proprio così nelle nostre vite, se glielo permettiamo. Ci sono tante immagini che la possono raffigurare nella sua azione, ma quella della spada a doppio taglio che penetra nei segreti del cuore umano, venendo a discernere tra i suoi sentimenti e i suoi pensieri, è una di quelle più indovinate. Sempre che il cuore umano si apra alla sua luce; diversamente, questa spada un po’ strana nemmeno si sguaina, non offende, non si impone, lascia sempre al cuore dell’uomo la libertà di restare chiuso nel guscio del suo mondo interiore: allora non si sperimenta l’efficacia della Parola, si preferisce non lasciar affondare la sua lama pur di non soffrire, pur di non mettersi in discussione, pur di non cambiare, si preferisce andare per le proprie strade sicure, quelle che anche religiosamente ci lasciano nelle nostre comodità.
Dovette succedere qualcosa del genere a quel tale che si affrettò incontro al Signore. Il vangelo dice che si buttò in ginocchio davanti a Gesù, segno che riconosceva in Lui una reale autorità. Mi pare ci sia un che di autentico nel suo movimento verso Gesù. Ha capito che Gesù è un maestro buono, vuole capire meglio il mistero della sua bontà, ha capito che può rivolgergli una delle domande più impellenti: «cosa devo fare per avere la vita eterna?» (Mc 10,17). Il Signore che conosce i cuori di tutti lo incontra nella sua realtà di uomo religioso e gli ricorda la strada dei comandamenti. Allora lui gli risponde: «Maestro, tutte queste cose le ho custodite fin dalla mia giovinezza» (v.20). Mi immagino sempre quest’uomo davanti a Gesù che dice queste parole con una certa inquietudine sul volto. In fondo, il suo esprimersi così è la conferma che il cuore dell’uomo non può trovare la risposta che cerca nell’osservanza scrupolosa della Legge. Custodire i comandamenti non ti da la vita, perché non basta. I comandamenti sono dei mezzi. E allora come la ereditiamo la vita eterna? Gesù, «guardando dentro di lui, lo amò» (v.21). Ecco come sono gli occhi di Dio quando gli si lascia vedere nelle profondità del cuore. È una espressione centrale del racconto. Lasciarsi raggiungere o non raggiungere da questo sguardo è la porta d’accesso o meno alla vita eterna. Conoscere Chi mi guarda così e lasciarsi conquistare da Lui è vita eterna. Ma c’è un problema. Quell’uomo sembrava avere tutti i requisiti per entrare, invece gli mancava quello fondamentale, che è quello di amare Dio e i fratelli sopra ogni cosa (il comandamento più importante di tutti). Perciò, quello sguardo d’amore incontrato che si rivolge ad ogni essere umano divenne per lui fonte di tristezza.