La parola che ricorre come un ritornello nelle letture odierne è “pratica”.
- «Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica» (prima lettura);
- «Colui che cammina senza colpa, pratica la giustizia, colui che agisce in questo modo resterà saldo per sempre» (salmo responsoriale);
- «Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi» (seconda lettura);
- «Trascurando il comandamento di Dio, voi mettete in pratica (στήσητε) la tradizione degli uomini» (Vangelo).
É vero, come dice un proverbio, che “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”, tra teoria e pratica c’è una bella distanza.
E la Parola di Dio odierna sembra insistere molto su questo punto: non basta ascoltare, commentare, apprezzare i comandamenti di Dio, ma è necessario metterli in pratica, per ricevere la benedizione divina.
«Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7, 21).
Nelle letture ascoltate c’è come una graduatoria, una classifica, un crescendo graduale di promesse. Dio fa delle promesse, che sono sempre più grandi.
La prima lettura, tratta dal Deuteronomio, promette tre cose a chi osserva i comandamenti: la vita, il possesso della terra promessa e l’ammirazione dei popoli vicini.
Il Salmo 14 promette qualcosa di più: una stabilità duratura (cioè la certezza di non inciampare e di fallire: un senso profondo nella vita).
La lettera di Giacomo promette la possibilità di raggiungere la salvezza (del corpo e dell’anima).
Il Vangelo promette il massimo: la vita eterna, a chi mette in pratica i comandamenti.
Per entrare nella vita eterna occorre un esame non solo di teoria, ma di pratica: bisogna dimostrare che ci siamo comportati concretamente come Dio comanda, seguendo le sue istruzioni e cercando di incarnare nel quotidiano il nostro essere cristiani, attraverso atteggiamenti concreti e verificabili.