Siamo spaventati dai cambiamenti, preferiamo restare inchiodati alle nostre poche e piccole convinzioni. O, al massimo, se proprio qualcosa deve cambiare, devono essere le situazioni, o gli altri.
La Parola di oggi, invece, ci parla di un cambiamento necessario, il nostro.
Se il seme sparso dal Seminatore (nel vangelo domenica scorsa) porta frutto, cresce senza che nemmeno noi sappiamo come, se diventa un arbusto, come l’albero della senape, è perché abbiamo finalmente deciso di fidarci di quell’amore di Cristo che, come scrive san Paolo, nella seconda lettura di oggi, “ci possiede”.
Le cose di prima sono passate, ne sono nate di nuove.
Ma il cambiamento, necessariamente, provoca una tempesta.
Marco inizia il suo brano con una serie di forti spinte al cambiamento: è la sera, inizia una nuovo giorno, occorre lasciare la folla, cioè il pensiero comune, ciò che pensa la gente, il giudizio (spesso impietoso) degli altri e passare all’altra riva.
Un cambiamento radicale sta per coinvolgere i discepoli. E noi.
Perché avvenga dobbiamo avere il coraggio di prendere Gesù sulla barca della nostra vita così com’è. Non come vorremmo, siamo chiamati ad accoglierlo senza manipolarlo o addolcirlo.
Provocatorio e scomodo, inquietante ed esigente, autorevole e determinato. Nella vita, quella mondana e quella spirituale, tendiamo a conservare le nostre piccole certezze, a custodire gelosamente le prese di beneficio: la carriera, gli amici, i denari…
Il cambiamento ci spaventa, sempre, quando abbiamo raggiunto una qualche meta pensiamo che sia sufficiente, che non ci sia molto altro da imparare ma, al limite, da difendersi.
Con il mio coniuge ci siamo assestati, perché cambiare modalità di relazione?
Nel lavoro ho raggiunto i miei obiettivi, perché migliorare?
Nella vita interiore ho già capito alcune cose, cos’altro dovrebbe accadere? Se abbiamo il coraggio di cambiare, di osare, allora, statene certi, si scatena la tempesta.
Gli ebrei non sono i come fenici: temono il mare.
Pescano solo vicino alla riva o, come in questo caso, in un lago.
Il mare è il luogo del mistero, dei mostri (il Leviathan!), meglio lasciarlo perdere.
Rappresenta le paure che tutti abbiamo nel cuore.
Già siamo stati coraggiosi nell’affrontare le nostre paure ma, quasi sempre, quando affrontiamo un nuovo percorso, state certi che si scatena la tempesta. Le onde riempiono la barca, abbiamo la certezza di affondare. Gesù è presente, certo, siamo dei credenti, ma tutto sembra crollare. Se Dio c’è dorme o si disinteressa di me. Non fissiamo lo sguardo su di lui, ma sulla tempesta. Non guardiamo a Cristo, ma alle nostra paure. Il cambiamento provoca sempre uno scossone e vorremmo tornarcene indietro, pentiti dalla nostra improvvida decisione. Allora ricorriamo al ricatto, anche con Dio: se siamo in mezzo alla tempesta è perché non ti importa nulla di noi.
Non è così, invece, è l’esatto contrario. Se siamo in mezzo alla tempesta è perché a Dio stiamo molto a cuore.
E non vuole che restiamo fermi allo stesso punto, non vuole che ci accontentiamo della nostra vita spirituale piccina e sterile. Vuole che diventiamo grandi come egli ci ha pensati.
Si alza il Signore, sgrida il vento, lo minaccia. Letteralmente lo rimprovera.
Lo stesso verbo è usato, nel vangelo di Marco, per la cacciata dei demoni. La paura, a volte, è pericolosa come i demoni e va cacciata. I pensieri negativi ci travolgono e ci impediscono di gioire. Il vento soffia forte? Gesù è il forte che grida.
Intima al vento di tacere, letteralmente lo imbavaglia.
Per superare la paura anche noi dobbiamo imparare a mettere un bavaglio ai nostri pensieri, a non lasciar crescere in noi i pensieri negativi, le ombre. Diamo troppo retta alle nostra paure, ai nostri fantasmi e, così facendo, li rendiamo reali, diamo loro potenza.
Gesù ci insegna a dominarli. A dire ai nostri pensieri tumultuosi: calmati, taci! E a guardare a lui, il Signore.
Tutto si calma. È una bonaccia dell’anima, più che della meteo. È uno stato di pace interiore raggiunto grazie alla consapevolezza della presenza di Cristo nella nostra vita. Non temiamo il cambiamento, non abbiamo paure di essere in cammino interiore, sempre.
Se anche le onde si alzano e il vento sembra far sballottare la barca, abbiamo con noi il Signore della tempesta che alza forte la sua voce.
La sua, ascoltiamo, non quella delle nostre mille paure.