Il racconto della prima lettura, si colloca nel cammino dell’Esodo di Israele verso la Terra promessa. Qui si sigilla con un rito sacrificale d’olocausto il patto che il Signore e Israele hanno stipulato nella solitudine aspra del Sinai.
Dio e l’uomo hanno definito il mutuo desiderio di comunione, di vicinanza e di collaborazione che li anima: Dio offre il dono della libertà e della sua presenza, l’uomo risponde col suo impegno etico, attraverso il Decalogo. L’altare è il simbolo di Dio; davanti ad esso è raccolto Israele (e la Chiesa) e su entrambi è versato il sangue del sacrificio, segno di vita e di legame familiare. Uno stesso sangue e una stessa vita circolano d’ora innanzi tra Dio e il suo “primogenito”. Un patto di sangue lega ormai il Signore e Israele in un’ unica esistenza di fedeltà e d’amore. È per questo che all’iniziativa divina, assolutamente primaria e indispensabile, succede l’assenso del popolo che si impegna in un’adesione autentica e sincera: «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto». Accogliere la presenza di Cristo nella nostra vita – partecipando al sacramento del suo corpo e del suo sangue – è capace di trasformare la nostra esistenza in una presenza reale e gratuita di Cristo in mezzo al mondo.