Dietrich Bonhoeffer (Breslavia, 4 febbraio 1906 – Flossenbürg, 9 aprile 1945) è stato un teologo luterano tedesco, protagonista della resistenza al Nazismo.
«Ditegli che questa è la fine per me, ma anche l’inizio. Insieme a lui credo nel principio della nostra fratellanza universale cristiana che si eleva al di sopra di ogni interesse nazionale e credo che la nostra vittoria è certa…».
Così Dietrich Bonhoeffer, l’8 aprile 1945, – giorno prima della sua impiccagione – nel messaggio affidato a un compagno di prigionia e destinato all’amico George Bell, vescovo anglicano di Chichester, conosciuto nel 1933. Era un saluto sprigionatosi di domenica, dal cuore di un uomo libero, calato nel mondo e nella signoria di Gesù Cristo, un cristiano consapevole di un destino di eternità.
Dio ama ciò che è perduto
Dio non si vergogna della bassezza dell’uomo, vi entra dentro (…) Dio è vicino alla bassezza, ama ciò che è perduto, ciò che non è considerato, l’insignificante, ciò che è emarginato, debole e affranto; dove gli uomini dicono “perduto”, lì egli dice “salvato”; dove gli uomini dicono “no”, lì egli dice “sì”.
Dove gli uomini distolgono con indifferenza o altezzosamente il loro sguardo, lì egli posa il suo sguardo pieno di amore ardente e incomparabile. Dove gli uomini dicono “spregevole”, lì Dio esclama “beato”.
Dove nella nostra vita siamo finiti in una situazione in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e davanti a Dio, dove pensiamo che anche Dio dovrebbe adesso vergognarsi di noi, dove ci sentiamo lontani da Dio come mai nella vita, proprio lì Dio ci è vicino come mai lo era stato prima.
Lì egli vuole irrompere nella nostra vita, lì ci fa sentire il suo approssimarsi, affinché comprendiamo il miracolo del suo amore, della sua vicinanza e della sua grazia.
Sulla morte
Non c’è nulla che possa sostituire l’assenza di una persona a noi cara.
Non c’è alcun tentativo da fare, bisogna semplicemente tenere duro e sopportare.
Ciò può sembrare a prima vista molto difficile, ma è al tempo stesso una grande consolazione, perché finché il vuoto resta aperto si rimane legati l’un l’altro per suo mezzo.
È falso dire che Dio riempie il vuoto; Egli non lo riempie affatto, ma lo tiene espressamente aperto, aiutandoci in tal modo a conservare la nostra antica reciproca comunione, sia pure nel dolore.
Ma la gratitudine trasforma il tormento del ricordo in una gioia silenziosa.
I bei tempi passati si portano in sé non come una spina, ma come un dono prezioso.
Bisogna evitare di avvoltolarsi nei ricordi, di consegnarci ad essi; così come non si resta a contemplare di continuo un dono prezioso, ma lo si osserva in momenti particolari e per il resto lo si conserva come un tesoro nascosto di cui si ha la certezza.
Allora sì che dal passato emanano una gioia e una forza durevoli.
Parlare di Dio
Se non riesci a parlare di Dio al tuo fratello, parla a Dio del tuo fratello.