La legge e la vita dell’altro

La legge e la vita dell’altro

Quando TOPY-TOP, una delle fabbriche tessili più estese del Perù, fu accusata di sfruttamento sistematico dei suoi dipendenti (orari, stipendi, condizioni di lavoro…) e di ostacolare la libera associazione sindacale, rispose dimostrando che agiva in stretta e scrupolosa osservanza delle leggi che regolano il lavoro. Tutto a posto, tutto a norme vigenti, possiamo continuare tranquilli, lo sfruttamento è nel totale rispetto delle leggi!
È sempre più facile seguire (raggirare?) una norma che impegna a condividere per amore. Gesù rappresenta una continuità e una rottura con la legge di Mosè. Non è contro la legge, la sua reazione è piuttosto contro le deformazioni che in essa hanno introdotto “scribi e farisei”. La legge non serve a maltrattare i nostri fratelli sentendoci giusti, con la coscienza a posto. La legge è uno strumento per aiutarci a proteggere e promuovere la vita di tutti.
Il Regno che Gesù annuncia suppone la pratica della giustizia. Una giustizia non legale e formale, ma profonda e creativa. Il Signore ci dà qualche dritta, lo schema è sempre lo stesso: «Avete inteso che fu detto…. Ma io vi dico…», e approfondisce l’esigenza della norma.
Di tutte le parole, oggi mi ha colpito quella che Gesù dice nei versetti 23-24: «Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono».
Come fare a ricordarsi del fratello, contro il quale non ho nulla, (il problema è suo!) mentre sto celebrando col mio Signore? Eppure il nostro dono sull’altare non vale niente se dimentichiamo il fratello!
Il referente è l’altro, il fratello. Farne memoria, riconciliarci con lui significa rispettare i suoi diritti e aprirgli il nostro cuore attraverso gesti concreti.
Un giorno il buon Dio si trovò con Caino e gli chiese: «dov’è Abele, tuo fratello?» «Non lo so!», rispose Caino, «sono forse il custode di mio fratello?»
Ogni giorno, sempre, quando ci incontra il Signore ci chiede: Dov’è tuo fratello? Risponderemo con le parole di Caino il fratricida? Saprò dire dove si trova mio fratello? Sarò stato il suo custode?
Amare il Signore con tutto il cuore e il prossimo, il fratello, la sorella, come noi stessi sono i precetti con cui Gesù riassume tutta la legge e i profeti.
E le due norme sono una, come ci ricorda il testo del giudizio finale di Mt 25: ciò che avete fatto a uno dei miei fratelli, l’avete fatto a me!
Credere in Dio è scegliere con passione la vita, è condividere con Lui la preoccupazione e la cura degli esseri umani, è lottare continuamente per umanizzare il mondo come vuole Lui.
Un grande vescovo martire in Argentina, mons. Angelelli, soleva utilizzare questa immagine nella sua catechesi: Dio ci ha creati con 2 orecchie, una per ascoltare la parola della vita, la realtà, le allegrie, le sofferenze della gente; l’altra per ascoltare la parola di Dio, il suo sogno, la sua esigenza di amore e giustizia. Essere cristiani è far funzionare con equilibrio queste due orecchie, e agire di conseguenza. Il prevalere di una delle due non fa altro che generare una distorsione, non possiamo amare Dio se non amiamo il fratello.