Sgozzatola sera di Pasqua per essere mangiato, facendo memoria della fuga dalla schiavitù d’Egitto. L’agnello, come quello che sostituì Isacco nel sacrifico di suo padre Abramo. L’agnello, come quello della profezia di Isaia 53,7-12 che ribalta l’idea di un messia combattivo e vittorioso per presentarci un servo sofferente:
7 Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. 8 Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua sorte? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per l’iniquità del mio popolo fu percosso a morte. 9 Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca. 10 Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in espiazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. 11 Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà la loro iniquità. 12 Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha consegnato se stesso alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori.
Quante immagini affollano il cuore di Giovanni. E il nostro. È già tutta in questa affermazione la logica di Dio. Giovanni vede già, in quell’uomo, la determinazione e la mitezza, la forza e la rassegnazione volontaria. Resta senza parole, la voce. No, si è sbagliato il Battista. Radicalmente. Ammette di non avere capito, di non conoscere nulla. (Se il più grande fra gli uomini ha avuto dubbi e ha dovuto cambiare, anch’io posso avere dubbi e cambiare). Il Messia non è venuto per gettare la pula nel fuoco inestinguibile, non c’è nessuna ascia pronta ad abbattere nessun albero. Il Messia, questo Messia, invece di tagliare zapperà e concimerà l’albero, in attesa di un cambiamento.
Giovanni proclama ancora: Gesù è il figlio di Dio. Non un grande uomo, non un profeta, non un uomo di tenerezza e compassione, egli è la presenza stessa di Dio. Non c’è mediazione su questo, non reggono i sofismi e i sottili ragionamenti: la comunità primitiva crede che Gesù di Nazareth, potente in parole ed opere, non sia solo ispirato da Dio, ma parli con le parole stesse di Dio poiché in lui abita la presenza stessa del Verbo di Dio.