«Mio papà da giovane è andato in Argentina pieno di illusioni, convinto di trovarvi l’America e ha sofferto la crisi del Trenta. La famiglia ha perso tutto, non c’era lavoro». Comincia così l’appassionato discorso a braccio pronunciato dal Papa davanti al mondo del lavoro a Cagliari, in Largo Carlo Felice. «Ho sentito nella mia infanzia parlare di questo tempo a casa, non l’ho visto, perché non ero ancora nato, ma ho sentito dentro casa questa sofferenza, parlare di questa sofferenza». «Conosco bene questo, – ha aggiunto – ma devo dirvi coraggio, ma anche sono cosciente che devo fare tutto del mio perché questa parola ‘coraggio´ non sia una bella parola di passaggio, non sia soltanto un sorriso di impiegato cordiale, un impiegato della chiesa che viene e vi dice ‘coraggio´, no questo non lo voglio, vorrei che questo coraggio venga da dentro e vi spinga a fare di tutto, devo farlo come pastore, come uomo: dobbiamo affrontare con solidarietà tra voi, anche tra noi, tutti con solidarietà e intelligenza questa sfida storica».
«Questa – ha osservato papa Francesco – è la seconda città che visito dell’Italia, la prima Lampedusa, tutte e due sono isole, nella prima ho visto la sofferenza di tanta gente che cerca, rischiando la vita, dignità, pane, salute, il mondo dei rifugiati, ho visto la risposta di quella città che essendo isola non ha voluto isolarsi, e riceve con quello che ha. Fa suo chi riceve, ci dà un esempio di accoglienza, lì – ha osservato – c’è sofferenza e una risposta positiva, qui in questa seconda isola che visito, anche qui trovo sofferenza, una sofferenza che uno di voi ha detto che indebolisce e finisce con rubarti la speranza. Una sofferenza da mancanza di lavoro che ti porta, scusatemi se sono un pò forte ma dico la verità, che ti porta a sentirti senza dignità, dove non c’è lavoro manca la dignità».
«E questo – ha sottolineato il Papa – non è un problema della Sardegna, soltanto, o solo dell’Italia o di altri paesi d’Europa, è la conseguenza di una scelta mondiale, di un sistema economico che porta a questa tragedia, un sistema economico che ha al centro un idolo che si chiama denaro, Dio ha voluto che al centro del mondo non sia un idolo, ma siano l’uomo, l’uomo e la donna, che portino avanti il mondo con il loro lavoro. Ma adesso in questo sistema senza etica al centro c’è un idolo e il mondo è diventato idolatra di questo dio denaro, comandano i soldi, il denaro, tutte queste cose che servono a lui, a questo idolo, e succede che per difendere questo idolo si ammucchiano tutti al centro e cadono gli estremi, cadono gli anziani perché in questo mondo non c’è posto per loro, alcuni parlano di questa abitudine di eutanasia nascosta, di non curare gli anziani, di non considerarli». «E cadono anche i giovani – ha proseguito il Pontefice – che non trovano lavoro». «Ma in un mondo in cui due generazioni di giovani non hanno lavoro, questo mondo non ha futuro, perché loro non hanno dignità e questa è la vostra sofferenza, questa è la preghiera, “lavoro, lavoro, lavoro”, è una preghiera necessaria, vuol dire dignità, portare pane a casa, amare, per difendere questo sistema economico idolatrico che istaura la cultura dello scarto, si scartano i nonni e si scartano i giovani, e noi dobbiamo dire ‘nò a questa cultura dello scarto, dobbiamo dire ‘vogliamo un sistema giusto che ci faccia andare avanti tutti, dobbiamo dire ‘non vogliamo questo sistema economico globalizzato che ci fa tanto male, al centro deve esserci l’uomo e la donna, come Dio vuole, non il denaro».
« ..Volevo dirvi con il cuore guardandovi in questo momento, è facile dire ‘non perdere la speranza´, ma a tutti voi quelli che avete lavoro e quelli che non avete, vi dico ‘non lasciatevi rubare la speranza, forse la speranza è come la brace sotto la cenere, aiutiamoci con la solidarietà soffiando sulla cenere, la speranza ci porta avanti, quello non è ottimismo, è un’altra cosa, la speranza dobbiamo sostenerla tutti, è nostra, vostra, è cosa di tutti, per questo vi dico non lasciatevi rubare la speranza, ma siamo furbi, perché il Signore ci dice che gli idoli sono più furbi di noi, ci invita ad avere la furbizia del serpente con la bontà della colomba, abbiamo questa furbizia e diciamo le cose con il suo nome, in questo momento nel nostro sistema economico proposto di vita al centro c’è un idolo e questo non si può fare, lottiamo tutti insieme perché al centro ci siano la famiglia, e le persone, e si possa andare avanti e non lasciatevi rubare la speranza».